Impatto COVID-19 sulla RCP extraospedaliera: è così grave come pensiamo?
L’analisi di un recente studio di Squizzato, Landoni e Paoli ha mostrato che i risultati dell’arresto cardiaco extra ospedaliero erano peggiorati durante il periodo della pandemia, rispetto ad un periodo non pandemico, ciò suggerisce l’esistenza di effetti diretti dovuti all’infezione da COVID-19, ed effetti indiretti dalle difficoltà di accesso ai sistemi sanitari.
L’American Heart Association (AHA) ha pubblicato l’aggiornamento provvisorio delle linea guida al supporto vitale di base durante COVID-19 , modificando l’algoritmo BLS rimuovendo dalle manovre di rianimazione le ventilazioni a favore delle sole compressioni toraciche eseguite da soccorritori occasionali. Modifiche che inizialmente furono mal interpretate e scaturirono una serie di confuse e contradditorie comunicazioni sulla gestione del soccorso da parte dei Bagnini di Salvataggio.
Come mostrato dallo studio condotto da Rosell Ortiz et al. prima della pandemia la percentuale degli astanti che decidevano di intraprendere la rianimazione era del 51,5%, mentre durante la pandemia tale percentuale era scesa al 42,6%. La riduzione di quasi il 10% nella pratica delle manovre di rianimazione da parte dei testimoni di un arresto cardiaco rilevata nello studio Rosell Ortiz, potrebbe essere ricondotta all’aumento del livello di paura di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 a seguito delle ventilazioni da effettuare alla vittima che viene soccorsa, specialmente senza le opportune barriere protettive (metodo bocca-bocca).
Si potrebbe quindi supporre che la pandemia sia la causa che ha influenzato tale comportamento, tuttavia altri studi sembrano contraddire questa tesi.
Per verificare l’effettiva influenza del COVID-19 sulla frequenza della rianimazione da parte di testimoni dell’evento, è stata quindi effettuata un’analisi sistematica su una serie di otto recenti studi sull’incidenza della RCP extra-ospedaliera in periodo pandemico e pre COVID. Tutti i dati statistici sono stati analizzati utilizzando un programma di calcolo “RevMan 5.4 software” (The Cochrane Collaboration, Oxford, Copenhagen, Danimarca).
Il tasso di RCP nel periodo COVID-19 è stato del 43,6% contro il 41,5% per periodo non COVID-19.
In sintesi, la meta-analisi eseguita ha mostrato addirittura una frequenza leggermente superiore di RCP da parte dei testimoni durante la pandemia COVID-19 rispetto ai periodi precedenti la pandemia. Però, nonostante questo fatto, l’efficacia della rianimazione in caso di arresto cardiaco extra ospedaliero è stata inferiore rispetto al periodo prepandemico.
Quindi come mostrato da Jorge-Soto et al. , risulterebbe che solo tramite una massiccia e continua promozione alla formazione pratica supportata da feedback in tempo reale della qualità della RCP, aiuta i futuri soccorritori a migliorare la loro conoscenza, fiducia in se stessi e le capacità di eseguire le manovre salvavita, oltre ad aumentare la sensibilizzazione al primo soccorso e la possibilità di intraprendere una rianimazione. Concludendo, solo attraverso una maggiore diffusione della formazione verso la popolazione, è possibile mantenere alta la percentuale di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco extra ospedaliero, per questo motivo tutte le iniziative che contribuiscono a favorire questo processo dovrebbero essere aiutate e non frenate, come purtroppo ormai troppo spesso avviene in Italia da parte di alcune Regioni con regolamenti alquanto discutibili sulla formazione per l’utilizzo del defibrillatore da parte di personale non sanitario.
Fonte: Cardiology Journal 2020, Vol. 27, No. 6, 884–885 DOI: 10.5603/CJ.2020.a0179